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lunedì 6 agosto 2007

anni 80

Il destino dell'avanzare dell'età è che ci fa ricordare solo quello che ci piace ricordare.
Gli anni 80 sono ormai diventati preda di nostalgici e detrattori. Preferisco i detrattori. Soprattutto i giovani detrattori, quelli che gli anni ottanta li hanno visti in fasce o che non li hanno visti affatto. Oggi sono loro a dire le cose migliori su quel decennio "mitico". Un amico musicista, giovane e talentuoso, ha riassunto magistralmente lo spirito del tempo, beccando tutti gli stereotipi che ci assillano da un po' di anni a questa parte.
Un tempo che, per chi come me l'ha vissuto, era completamente diverso dall'epica dei trenta quarantenni che oggi lo raccontano con infinita nostalgia.
Io mi sono divertito, molto, ho fatto il ragazzo ma ho anche ricordi precisi legati alla mia età, alla mia esperienza e non ad era mitica, ad un'età del'oro.
Gli anni ti fanno dimenticare le sfumature, ti fanno sembrare tutto ovattato.
Frequento, oggi, persone che a 16 anni avrei volentieri seviziato, alle cui feste bramavo andare, purchè non mi invitassero, pur di rovinargliele, a cui non rivolgevo verbo se non per sfottere. Oggi siamo, noi ragazzi degli anni 80, tutti schifosamente amici. Ci troviamo alle feste, come vent'anni fa ma tutti invitati e anche un po' pregati, e armati di ipod e playlist dedicate ci spariamo tutte le hit peggiori.
I giovani, se capita di vederli alle feste riservate agli over o in cui gli over si infiltrano, ci guardano con odio misto a ribrezzo, ci dicono di crescere e di diventare adulti. Ma noi siamo troppo impegnanti a a far tremolare i nostri fisici tenuti su a jogging e diete, o , nella migliore delle ipotesi, felicemente adagiati su cene fuori, cene a casa, pranzi di famiglia, pranzi con le altre famiglie, aperitivi, post aperitivi
Ci guardano con lo stesso disprezzo con cui io guardavo i punkettoni di 5 o 10 anni più vecchi imporre la loro presenza a noi adolescenti. Guardavo con pietà quei trentacinquenni, reduci di una qualche rivoluzione mancata, infilarsi giovanili alle nostre feste. Erano vecchi, marci con un piede nella fossa. Così come dovremmo essere noi per i giovani.
Purtroppo o loro sono più educati di noi, o forse noi siamo più maleducati di loro (propendo per la seconda) e conviviamo sempre più spesso negli stessi locali, alle stesse feste, agli stessi concerti.
Se c'è una cosa che gli anni ottanta ci hanno insegnato è ad essere quella generazione con un grande futuro dietro le spalle. E questo futuro lo stiamo ancora rievocando. Certo non potevamo competere con quelli delle spranghe e delle p38, ne tanto meno con quelli del Boom economico o con i nostri padri figli della guerra. Così ci hanno detto. La più parte di noi ci ha creduto, ha, strategicamente e tragicamente, cambiato piano di confronto: dal serio al faceto.
Così abbiamo, grazie ai consigli dei nostri vecchi marci, dimenticato la politica, dimenticato la buona musica, dimenticato un minimo di gusto estetico.
O almeno così i nostalgici sembrano volerci dire. Siamo, a sentir loro, una generazione cresciuta a girelle e manga ( ma io li chiamavo cartoni animati giapponesi e preferivo tom e gerry), a video giochi idioti (a cui ancora oggi ci sfidiamo) , ad ascoltare sammy bardot e madonna, i righeira e duran duran, a vestirci con scarpe da montanaro arancioni, cinte da buttero, camice boscagliole e giubbotti fosforescenti da stradino.
Se così fosse non solo non abbiamo niente da vantarci ma fanno bene i giovani a sputtanarci.
Non nego che questo è quello che si vuol ricordare, quello che ci rende "generazione" dimenticandoci chi eravamo. Se qualcosa di diverso ero.
Temo che questo processo sia irreversibile e che ogni anno sarà peggio. Quest'anno son tornati i righeira, l'anno prossimo cosa ci aspetterà?

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