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mercoledì 29 giugno 2011

La vita "buona" e l'etica dei cattivi maestri I

Agiografia Cazzuliana: la vita buona di Scola.

La sua idea è che il cristianesimo non penalizza le passioni, i desideri, financo gli istinti; anzi, esalta l'umanità, la differenza tra uomo e donna, l'attrazione per il bello. Un concetto fondamentale della «vita buona» è il «bell'amore»: «Vivere la bellezza dell'amore significa strappare la sessualità al dualismo tra spirito e corpo; come se trattenessimo la sessualità nell'animalesco e poi a tratti avessimo spiritualissimi slanci di intenzione di bell'amore». Scola rifiuta la distinzione tra Venere urania e Venere pandemia, pensa semmai come Pascal, quando diceva che «l'uomo è a metà strada tra l'animale e l'angelo, ma deve stare bene attento a non guardare solo all'uno o all'altro; ognuno di noi, inscindibilmente uno di anima e di corpo, ha da fare i conti con la dimensione sessuale del proprio io per tutta la vita, dalla nascita sino alla morte». Come fecero i suoi genitori. Scola ama ricordare di aver visto «la verità e la bellezza dell'amore nello sguardo del mio papà verso la mia mamma dopo 55 anni di matrimonio». E anche nella gioia con cui tre bambini traducevano al patriarca in visita nella loro casa i movimenti degli occhi del padre, malato di Sla. «Mi sono sentito un verme», commenterà Scola. Questa è per lui la vita buona: la forma più alta di libertà, in cui il voler essere e il dover essere coincidono - si vuol fare ciò che si deve fare -, animata dall'amore per il bello, il bene, il vero, l'eterno. Perché «non c'è amore senza promessa, non c'è promessa senza "per sempre", e non c'è "per sempre" se non sino alla fine, sino e oltre la morte».
Aldo Cazzullo

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