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venerdì 6 settembre 2013

Il vicolo Cieco

Il vicolo cieco 
La nonrivoluzione italiana

Pubbilcato su Macramè, Aprile 2012

L’Italia è il Paese delle rivoluzioni annunciate.
Ogni governo promette riforme epocali che spesso nascondono semplici e controrivoluzionarie manovre finanziarie. Il sistema Italia, ammesso che si possa definire sistema, mantiene una stratificazione normativa che applica regi decreti e leggi del ventennio fascista.
La definizione di un sistema politico, o di un regime se non diamo un’accezione negativa alla parola, deve essere in grado di definire limiti, o semplicemente diritti e doveri sia per chi le leggi deve applicarle sia per
chi deve rispettarle.
L’Italia è da questo punto di vista quello che da studente mi sembrava l’aspetto più anarchico del greco antico: le regole che devi studiare meglio sono le eccezioni.
Abbiamo delle regole ma ciò che ci guida è l’eccezione alla regola.
Non credo che la vera rivoluzione sia creare regole ma semplicemente uscire dal cul de sac dove novanta anni di regimi dittatoriali e democratici ci hanno portato.
Siamo veramente in un vicolo chiuso?
Prendiamo il nostro sistema di welfare. La costituzione lo vorrebbe universalistico: l’articolo 3 dice che siamo tutti uguali, e solidaristico (art.2), ma la riforma del Titolo V ha introdotto un mini federalismo attraverso la sussidiarietà, ovvero le regioni più ricche aiutano quelle più povere.
Quindi l’Italia è diventata un po’ più federalista e il suo welfare un po’ meno centralista. Detto così verrebbe da dire che, finalmente, una vera riforma è iniziata. Eppure l’incertezza regna sovrana: siamo federalisti nell’erogazione degli interventi ma centralisti nella distribuzione delle risorse necessarie al funzionamento.
Così verrebbe da pensare che se siamo tutti uguali curarsi a Orotelli è uguale che curarsi a Villa Santina, che essere assistito da ricco è uguale che essere assistito da povero.
L’Italia sembra un bambino indeciso, nonostante stia lentamente raggiungendo la maturità democratica, ovvero abbia raggiunto cent’anni o poco più di democrazia imperfetta.
Ogni volta che ci si pone la domanda dove stiamo andando siamo incerti, come un bambino capriccioso: vorrei il sistema universalistico ma anche selettivo, le pensioni statali ma anche i fondi integrativi, il lavoro fisso ma anche flessibile, gli ospedali pubblici ma a pagamento, le scuole pubbliche ma a carico dei genitori...
Siamo sempre un po’ comunisti con forti propensioni al liberalismo, siamo un po’ liberali ma con grande attenzione al consociativismo, siamo familisti per le famiglie altrui e libertini per le nostre, siamo generosi con il terzo mondo e violenti con i rom italiani, siamo federalisti quando si tratta di ricevere soldi e centralisti
quando si tratta di non darli ad altre regioni, siamo autonomisti se ricchi e nazionalisti se poveri (e incredibilmente anche viceversa). Cosa ci aspetta nei prossimi anni? Una sintesi tutta italiana dei modelli politici europei (e non solo). Oppure, come sembra prospettarsi anche dopo questi primi mesi dell’anno, torneremo a parlare di riforme epocali, di pericoli rossi, arancioni e blu, di colpe altrui e ente parlare
del nostro sistema statuale, ha bisogno di chiarezza: o di qua o di là. Il vero problema è che non si sa cosa sia il qua ed il là.
Forse almeno questo potremmo chiederlo.

venerdì 23 marzo 2012

art. 18 un privilegio inutile

a chi giova proteggere l'art.18? a me? al cocopro? al lavoratore iterinale? alla partita Iva falsa? ai giovani in apprendistato?
Forse ai dipendenti subordinati a tempo indeterminato? a tutti?
A quelli delle piccole imprese? ai dipendenti di cooperativa? ai dipendenti di sindacati, partiti politici, del no profit?
A nessuno di loro interessa, a nessuno, che ci sia o meno il reintegro cambia nulla.
Il reintegro, è questa la questione e non la libertà di licenziamento, è un abominio giuridico, o almeno lo dovrebbe essere in un sistema liberale. Il lavoratore discriminato, ingiustamente sanzionato o licenziato a causa di incapacità mercantile del padrone, perchè mai dovrebbe voler tornare a lavorare proprio nel posto da cui è stato ingiustamente cacciato?
Per ripicca, per soldi, per orgoglio perchè?
Cos'è un diritto: avere accesso al mercato del lavoro in modo equo e libero o rimanere incollati al proprio posto di lavoro qualunque cosa succeda?
Io penso che il diritto sia il primo: eguale accesso per tutti. Io credo che la libertà di cambiamento sia un diritto , io credo che il mercato del lavoro Italiano impedisca, a chi come me non ha accettato la logica del posto ad mortem, l'accesso a posti di responsabilità, di crescita, di sviluppo personale e lavorativo.
La logica dell'articolo 18 ci ha tagliato i coglioni, alla radice direi, ci ha raccontato un Italia ad occupazione perfetta: chi è dentro è protetto chi è fuori no. E' la stessa logica della CIGS, e della CIGO, della mobilità e del valore legale del titolo di studio, degli albi professionali, degli ordini e delle corporazioni.
I diritti acquisiti non si toccano, e quelli che non li hanno si attaccano.
Con questa bella favola, bella solo per chi l'ha scritta, la mia generazione, e tutte quelle dopo sono convinte che difendere i diritti altrui ci faccia conquistare una briciola di protezione.
L'articolo 18 non è un diritto, è un privilegio.
Si tratta di privilegio perchè tutela solo alcuni, dei privilegiati appunto, perchè discrimina in base al tipo di contratto, all'età, alla provenienza, al tipo di lavoro, dimensione dell'azienda. Tutela i forti e non i deboli (chi ha un lavoro, non chi lo cerca). Come tutti i privilegi non serve a nessuno, nessuno lo usa ma nessuno lo tocca.
Allora perchè rischiamo di far crollare l'unico governo degno di avere questo nome negli ultimi venti anni?
Per un privilegio?

domenica 21 gennaio 2007

Ancora Cofferati prima che sindacasse

Non sarei così drastico su Cofferati. Il sindacato italiano è quello che vogliono i lavoratori: politico, protezionista e conservatore. Sinceramente credo che un buon liberale non possa che apprezzare l'asprezza dei toni e delle posizioni reazionarie del Cinese. Di fronte ad un markettaro banalizzatore come il Berlusca ci vuole un vecchio stalinista che gliele canti e stronchi quell'orribile qualunquismo da barzellettiere che caratterizza il Silvio.
Ripeto preferisco l'intrasigenza della CGIL alle brache calate di UIL e CISL. Insomma preferisco un avversario con le palle, e gli strumenti "politici" affilati, di Cofferati ad un post/pre berlusconiano alla Angeletti...

Prima che Cofferati sindacasse

Il dialogo sindacale in Italia ha il significato di concertazione. Io non credo che un sindacato debba concertare (ai tavoli sul lavoro, per capirsi) ma debba contrattare ( con i mezzi ad esso deputati: scioperi, manifestazioni, lotte sindacali, boicottaggi...) per ottenere il meglio per i lavoratori. Non deve trovare compromessi, quello lo facciano i politici, ma tirare l’acqua al suo mulino. Intendiamoci lo stesso vale per il patronato. Il pacatismo non è una caratteristica del sindacalismo: sono forse pacate le Trade Unions, o i sindacati americani, quando s’incazzano?
Seconda questione: Cofferati sa perfettamente che al governo c’è Berlusca e si comporta di conseguenza. Da ottimo comunista e sindacalista sa che il parlamento è una cosa ma che le istanze dei lavoratori (i suoi ben inteso) sono altro. Sa che, come diceva quel socialista di Mussolini, il parlamento è un aula sorda e vuota. Fa quello che fa berlusconi, si contrappone sul suo stesso campo di battaglia: la popolarità, la audience mediatica. Ed infatti è l’unico di cui il berlusca ha paura, non bertinotto o agnoletto o rutello. Perchè gli elettori di centro destra sbeffeggiano rutelli, fassino e compagnia danzante ma di Cofferati non riescono a trovare niente di meglio che dargli del comunista? Perchè hanno paura. Perchè berlusca è sempre alla ricerca del dialogo con Cofferati, lo lusinga, dice che è lui il capo della sinistra? Perchè non riesce a governarlo.
C'è chi vorrebbe una sinistra riformatrice etc., io sinceramente mi preoccupo di più della democrazia cristiana reazionaria che ci sta governando. C'è chi dice che a Berlusconi si devono opporre idee e progetti... io dico che gli si deve fare le pulci su ogni parola detta, che si deve iniziare a fare opposizione con le palle, bloccare ogni singolo comma della maggioranza, niente accordi con il nemico si direbbe in un film western, ha firmato un patto con gli italiani? Bene lo rispetti senza seghe sull’11 settembre o la guerra in Israele o il buco di bilancio. Ha fallito (come è evidente) allora fuori dalle palle. La sinistra è almeno 60 anni che progetta e idealizza ma l’opposizione a quando?
Cofferati fa risaltare la sinistra reazionaria? Forse fa risaltare la destra intollerante, reazionaria e ipocrita. Cofferati non deve avere idee, deve difendere i diritti acquisiti dei suoi iscritti (quindi illiberali e conservatori) questo è il ruolo di un buon sindacalista.
Torno ad essere liberale: trovo le idee di Cofferati assolutamente antiche e pericolose, ma da buon liberale ho la necessità che le esprima. Trovo le idee di Berlusca altrettanto illiberali e ho la necessita che le contrapponga a quelle di cofferati. Non voglio che si mettano d’accordo perchè comunque il risultato sarà conservatore e reazionario.