Recensione su Ippogrifo estate 2012 (nuova serie 12)
Economia
dell'identità
George A.
Akerlof, Rachel E. Kranton
Economia
dell'identità
Come le
nostre identità determinano lavoro, salari e benessere
trad. di
R. Spaventa
Edizione:
2012
Collana:
Anticorpi [22]
ISBN:
9788842096153
La parola
identità è una parola scivolosa, ambigua e potente. Così come la
parola economia. Mettere inseme economia ed identità significa
rischiare una doppia scivolata, almeno che voi non siate un premio
nobel dell'economia come G.A. Akerlof.
Identità
è la parola chiave della storia che Akelorf e Kranton vogliono
raccontarci.
Senza non
si comprende perché il tentativo dell'economia di prevedere il
futuro, di identificare parametri di controllo, indicatori di
risultato, incentivi, perdite e profitti non abbia prodotto i
risultati sperati.
Per
quanto gli uomini comprino, o meglio facciano scelte economiche, su
spinte individuali ciò non basta a spiegare come, a parità di
condizione, alcuni ottengono risultati migliori di altri.
La teoria
economica, almeno quella classica, non riconosce all'identità un
peso sostanziale ma piuttosto la spoglia del significato collettivo
lasciandola come variabile poco rilevante ai fini dell'utilità. Con
un procedimento analitico standardizzato gli autori aggiungono
variabili
«-le categorie sociali
e la categoria di attribuzione di ciascun individuo, o identità
-le norme e gli ideali per ciascuna categoria
-l'utilità identitaria, vale a dire il guadagno che si
ottiene agendo in conformità con le norme e gli ideali, o la perdita
che si subisce quando ciò avviene.»
Tutto il
saggio gira attorno alla giustificazione di questi parametri, alla
loro comprensione in esempi concreti.
«Il consumo di sigarette è
un chiaro esempio del ruolo giocato dalle norme sociali. Il
cambiamento delle norme di genere è stata la causa più importante
nel determinare l'incremento di donne fumatrici negli Stati Uniti. La
teoria economica attuale punta sull'aumento della tassazione come
fattore per disincentivare il fumo. Ma l'aumento delle tasse è
difficile da imporre e da applicare. L'economia dell'identità amplia
il campo di ricerca sia delle cause del fenomeno sia dei rimedi da
applicare.»
L'identità,
nonostante in Italia il dibattito sia stato ottenebrato da identità
fittizie, funzionali alla politica e al potere più che al
riconoscimento di un aspetto valoriale delle appartenenze, è un
aspetto fondamentale delle scelte individuali.
«Nella nostra analisi, le
strutture sociali sono fattori che possono limitare le possibilità
di scelta. In una società dove le categorie sociali sono definite,
ad esempio, da razza, famiglia, ambiente e etnia può essere
virtualmente impossibile per un individuo adottare una nuova
identità.»
Insomma è
grazie all'identità, o per sua colpa, che i nostri comportamenti
diventano collettivi.
Spesso mi
trovo a discutere nelle scuole di stereotipi di genere e chiedo ai
ragazzi di elencarmi le differenze che possono causare
discriminazione.
É un
esercizio che dà sempre risultati diversi, a seconda della scuola,
della prevalenza di donne o di uomini, della presenza o meno di
handicap, di stranieri, di alunni negri, ed infine di provenienza
proletaria o benestante. Uso volontariamente termini politicamente
scorretti perché l'identità serve a marcare la differenza, non
certo l'omogeneità, anche nelle parole. Il risultato è
straordinariamente simile a quello di cui economia dell'identità
parla: le nostre vite prendono la strada dell'insider o
dell'outsider.
I miei
ragazzi sono terribilmente simili a quelli che descrivono Akelorf e
Kranton: alcuni sanno di essere privilegiati altri sanno di non
esserlo, o meglio tutti credono di saperlo. Alcuni sanno che per
entrare nel sistema (essere insider) dovranno scendere ad un
compromesso identitario senza certezza di risultato, altri decidono
di rimanere fuori (outsider) ma di mantenere la loro identità.
Quanto la
consapevolezza di questi meccanismi (economici) sia presente negli
educatori e negli studenti è difficile a dirsi. Eppure dietro la
consolatoria parola bullismo si
nascondono intrecci assai più complessi che una semplicistica
volontà di prepotenza ed emulazione. Gli outsider
sono coloro che meglio riconoscono il fattore economico, la capacità
di autoaffermazione prima ancora che di spesa, e che meglio ne
individuano i limiti identitari.
«Eravamo davvero furiosi per
il modo in cui gli insegnanti ci trattavano. Ci guardavano dall'alto
in basso. Non ci hanno mai veramente aiutato. Molti di noi erano
veramente in gamba. Eppure non c'è mai passato per la testa che la
scuola avrebbe potuto fare qualcosa per noi.»
L'Italia
è oggi un adolescente nell'affrontare i problemi di diversità, di
politiche razziali, di genere, di contrasto alla povertà. Mai, nel
corso della storia repubblicana, ci siamo trovati di fronte al
dilemma economico identitario. Per venti anni abbiamo fatto finta di
interessarci di integrazione, di parità di genere, di
multiculturalismo, abbiamo perso venti anni a discutere di
eliminazione del problema (povertà, donne o stranieri) e non della
sua comprensione. Oggi, e non parlo solo della scuola, il bullismo è
la parola burqua che copre l'evidenza dell'inadeguatezza del
sistema comunitario, scolastico, formativo, occupazionale, sociale.
Se solo
ci si ponesse, come classe dirigente, il problema di comprensione del
valore dell'identità nelle azioni individuali, gli stregoni
dell'economia comprenderebbero che i cattivi comportamenti, ovvero la
spinta autodistruttiva, non può essere spiegata solo con i criteri
economici, ma deve essere compresa con altri strumenti, diversi dalla
econometria e forse anche dalla sociologia.