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domenica 15 novembre 2015
Le vere vittime
L'IS o ISIS o come diavolo si chiama non è uno stato, non è una fede, non è un interlocutore con cui discutere. Sono assassini. E sono assassini delle popolazioni che pretendono di rappresentare: Siriani, Iracheni, Iraniani, Turchi, Curdi, Giordani, Egiziani, Libici, Algerini, Berberi, Palestinesi, Tunisini, Marocchini, Kenioti e Nigeriani. Sono loro le prime vittime le vere vittime della furia assassina di chi si trincera dietro un DIo Patria e Famiglia tradotto in Arabo.
Cosa vogliono? Farci chiudere nel nostro stato sempre più impaurito, vogliono che cacciamo chi scappa da loro, vogliono che diventiamo come loro: Assassini. Sperano in questo modo di farci capire quanto sia più facile fare quello che si vuole, tagliar teste senza processo, ammazzare per non perder tempo a discutere.
E' tutto così semplice! e noi stupidi occidentali (anzi direi noi stupidi umanità occidentale o siriana che sia) ci ostiniamo a non capire che la dittatura, anzi meglio il terrore è assai più facile da gestire di quella inutile e costosa democrazia,piena di regole, rispetto, confronto. Eppure, penseranno questi assassini, siamo stati i precursori di persecuzioni senza limite e senza senso, nazismo, stalinismo, fascismo, colonialismo, schiavismo.
Penseranno che l'europeo ha una pessima memoria storica. In fondo ci stanno aiutando a tornare ad essere assassini e orribili come sappiamo essere. Speriamo che non ci riescano ne con noi ne con chi scappa dall'orrore per trovare in Europa un paese in cui essere felice.
martedì 21 dicembre 2010
e poi ditemi che non avevo ragione...

Mi sono sempre stati sul cazzo. Sul serio, non li reggevo. Arrivavano belli belli, quel tanto consumati dalla vita, sigaretta in mano e voce suadente. Aprivano le loro fogne e via discorsi di lotta dura senza paura, manifestazioni e sprangate, collettivi studenteschi e voti politici, assemblee fiume e letture pallose.
Non li reggevo nell'85 quando ci davano dei disimpegnati, dei fascistelli qualunquisti, dei ragazzini immaturi e borghesi (nient'affatto rivoluzionari). nessuna tolleranza per le nostre idee, per le nostre piccole, ma vere e autogestite, rivoluzioni quotidiane. Manifestare per i cessi che ti cadono addosso non era abbastanza anti sistema. Sprangarsi di botte per il libretto rosso si.
Se non leccavi loro il culo, sbavando agli epici racconti del 77 bolognese (padovano, trentino, romano, milanese bastava che fosse un po' autonomo o neofascista era uguale), eri una merda, un bambino cresciuto a nesquik e goldrake. Dovevi prostrarti alla fortuna loro capitata di essere parte di un grande movimento rivoluzionario, alle vicinanza con epici assassini, con cui passare le notti a costruire un mondo migliore.
Io che nel 77 ero vivo, ricordo la mia infanzia felice, ma anche le sirene a Roma, i blocchi di polizia, la televisione con un morto al giorno. Gente che doveva morire, secondo loro: poliziotti, giudici, sindacalisti, giornalisti, orefici, direttori di banche, sportellisti, guardie giurate, militari, carabinieri. Tutti nemici di una qualche rivoluzione. E poi persone normali, capitate per caso in stazione, in treno, in aereo o aereoporto, in piazza a passeggiare o in banca a versare demoniaci contanti (gli stessi che a fuciliate rubavate dai porta valori).
E poi i ragazzi loro coetanei finiti sprangati a manca e a destra, bruciati in casa o rincorsi in vespa. Tutti degni di morire per una qualche rivoluzione.
Mi stavano sul cazzo, ancor di più dieci anni dopo, arrivavano belli belli, brizzolati e sempre con la cicca in mano, cambiava marca però, a fare i creativi, pacifisti e moderati.
Famigliole allargate, tolleranti, amichevoli, aperte. Di punto in bianco la vostra rivoluzione era diventata "culturale". La musica che solo voi avevate capito, il jazz elettrico, due coglioni di cantautori maturi, il folk, ma quello vero, popolare, il rock impegnato, impegnativo direi più che impegnato. L'arte che solo voi avete intuito. Di colpo tutti amici di Pazienza, lettori di frigidaire, di stampa alternativa, tutti ai campi hobbit (peccato chegli alternativi e non violenti erano i primi, minoritari loro si, che umiliavate). Tutti casa e biennale. La letteratura: tutto un fiorir di autori sconosciuti, e poi i dissidenti (che al solo pensiero vi procuravano in gioventù mal di denti), Kundera e altri poveracci che la rivoluzione ve l'avrebbero volentieri regalata.
La spranga era diventata un pennello con cui adornare le vostre cazzatte. Ma pur sempre cazzate rimanevano.
Voi nell'89 eravate incerti. Sto di quà o stò di là? Io no.
Infine oggi me li ritrovo al potere quella generazione di fiorr fiore di "rivoluzionari".
E mi stanno, se mai fosse possibile, ancora più sul cazzo. Questi fulgidi esempi di democrazia a dettar legge a le nuove generazioni dopo aver rovinato, con le loro stronzate, la mia generazione. Da rivoluzionari a servi.
L'unica vera rivoluzione è non essere servi della "rivoluzione".
Cito qui solo quelli al governo, sapendo che se ci fossero altri al governo rischieremmo di dire cose molto simili.
La Russa (classe 1947, un po' anziano), Gasparri classe 1956, Alemanno classe 1958, e quel genio incredibile di Maroni classe 1955.
Per maggiori informazioni sulle loro vite cito a titolo di esempio Wikipedia...
"Il 12 aprile 1973, quando era uno dei leader del Fronte della Gioventù di Milano, nella manifestazione organizzata dal Movimento Sociale Italiano contro quella che veniva definita "violenza rossa" furono lanciate due bombe a mano Srcm, una delle quali uccise il poliziotto di 22 anni Antonio Marino. La Russa fu indicato come uno dei responsabili morali dei lanci di bombe."
Alemanno entra da giovanissimo in politica, nelle organizzazioni giovanili del MSI-DN diventando segretario provinciale romano del Fronte della Gioventù, il movimento giovanile missino. Negli anni '80 è uno dei leader della corrente rautiana del FdG, insieme a Marco Valle, Riccardo Andriani, Flavia Perina, Antonello Ferdinandi, Paola Frassinetti e Fabio Granata che si contrapponeva all'ala almirantiana guidata da Gianfranco Fini. In quella fase politica tormentata da violenze nel 1981 fu arrestato, insieme a Sergio Mariani, per poi essere subito scarcerato e non indagato successivamente per le violenze nel quartiere di Castro Pretorio di fronte ad un bar denominato "La Gazzella" nel tentativo di aggredire lo studente Dario D'Andrea.
Successivamente nel 1982 fu di nuovo arrestato con l'accusa di aver lanciato una bomba molotov di fronte l'ambasciata dell'unione sovietica. Dopo otto mesi di carcere preventivo sarà completamente scagionato e liberato.
MARONI Inizia la sua esperienza politica nel 1971 militando in un gruppo marxista-leninista di Varese e poi fino al 1979 è nel movimento d'estrema sinistra Democrazia ProletariaI fatti di via Bellerio e la condanna per resistenza a pubblico ufficiale
Il 12 agosto 1996 il Procuratore della Repubblica di Verona Guido Papalia avviò delle indagini sulla Guardia Nazionale Padana, sospettata di essere un'organizzazione paramilitare tesa ad attentare all'unità dello Stato(articoli 241 e 283 del Codice penale)
Il 18 settembre viene così disposta la perquisizione delle residenze di Corinto Marchini, capo delle "camicie verdi", Enzo Flego e Sandrino Speri, dell'ufficio di Speri nella sede leghista di Verona e di un locale della sede federale di Milano della Lega Nord, ritenuto nella disponibilità dello stesso Marchini. Le operazioni iniziano alle 7 del mattino e alle 11 due pattuglie della Digos di Verona si presentano alla sede della Lega di via Bellerio a Milano con Marchini a bordo.
Qui la Polizia di Stato (Digos di Verona e di Milano, Ufficio prevenzione generale di Milano) incontra sul posto un'opposizione per cui i poliziotti «decidevano di rivolgersi per istruzioni al Procuratore della Repubblica di Verona. Tornavano, quindi, posto nel pomeriggio con il provvedimento integrativo di perquisizione e l'ordine di procedere, trasmesso via telefax, dalla competente Procura di Verona». Nel pomeriggio la Polizia ha un nuovo decreto di perquisizione e «dopo una prima contestazione sulla autenticità del decreto di perquisizione trasmesso da Verona, gli operanti, entrati nell'androne dell'edificio, per eseguire il provvedimento dovettero affrontare e superare un cordone umano formato» da militanti e dirigenti leghisti fra cui Maroni, «e da altri simpatizzanti, postisi innanzi alla scala per impedire la salita degli uomini della Polizia. Superato tale ostacolo, le forze dell'ordine salirono le scale inseguiti e ostacolati dagli astanti». Nel corso del tragitto verso la stanza di Marchini «la Polizia dovette affrontare l'assembramento di persone che si era formato, accompagnata da un coro di insulti» promossi da Borghezio, oltre a «numerosi atti di aggressione fisica e verbale nei confronti dei pubblici ufficiali» compiuti da Maroni, Bossi e Calderoli, «episodi tutti documentati dai filmati televisivi».
«Il primo vero e proprio episodio di violenza» fu compiuto da Maroni che «tentò di impedire la salita della rampa di scale (...) bloccando per le gambe gli ispettori Mastrostefano e Amadu».
Quando finalmente ispettori e agenti furono «pervenuti di fronte alla porta del locale da perquisire, gli operanti rinvenivano un cartello cartaceo la cui indicazione dattiloscritta specificava "Segreteria politica - Ufficio on.le Maroni". Il Dott. Pallauro, dopo un ulteriore contatto telefonico con il Procuratore della Repubblica di Verona che dava ordine di portare a termine l'operazione, provvedeva allo sfondamento della porta, operazione che tuttavia era ostacolata violentemente» da Maroni, Bossi, Borghezio, Capanni, Martinelli e Calderoli «che aggredivano principalmente il Dott. Pallauro e l'ispettore Amadu, il quale veniva stretto fra gli imputati Maroni, Martinelli e Bossi, che lo afferrava dal davanti, mentre il Martinelli lo prendeva alla spalle. (...) La vicenda vedeva da ultimo l'on.le Maroni subire un malore e venire disteso a terra dall'agente Nuvolone, per poi essere avviato al pronto soccorso ove gli venivano riscontrate lesioni per le quali sporgeva querela».
Ne nacque così un procedimento penale per resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 del codice penale) perché «gli insulti e gli atti di resistenza e violenza non sono in alcun modo atti insindacabili per i quali possa valere la prerogativa parlamentare».
Maroni sostenne che «fu aggredito e non aggredì gli esponenti della Polizia». Fu invece dimostrato «la non veridicità dell'assunto del Maroni» essendo «documentato che nella ascesa della rampa delle scale trovandosi a terra, e non per le percosse ricevute, tratteneva con la forza gli operanti afferrando la caviglia dell'ispettore Mastrostefano e poi le gambe dell'ispettore Amadu». La magistratura appurò poi che Maroni «era caduto in terra per un improvviso malore nella fase finale dell'accesso degli operanti nella stanza da perquisire, circostanza attendibilmente confermala dalla teste Nuvoloni della Polizia che lo aveva soccorso, e forse colpito anche involontariamente in tale posizione nella ressa creatasi luogo o già raggiunto, presumibilmente, da spinte nel corso della vicenda che vedeva un accalcarsi incontrollato di persone, compresi giornalisti e simpatizzanti della Lega Nord».
Ad ogni modo «i pubblici ufficiali erano comunque tenuti a portare a compimento l'ordine loro impartito. Non era discutibile la legittimità della perquisizione a carico del Marchini nella sua stanza sita nell'immobile anche sede del partito politico, dove lo stesso Marchini accompagnava gli operanti, perquisizione non limitata alla sua abitazione, ma a tutti gli altri luoghi nella sua disponibilita».
In definitiva «la resistenza» di Maroni e degli altri leghisti «non risultava motivata da valori etici, mentre la provocazione era esclusa dal fatto che non si era in presenza di un comportamento oggettivamente ingiusto adopera dei pubblici ufficiali». In modo particolari gli atti compiuti da Maroni sono stati ritenuti «inspiegabili episodi di resistenza attiva (...) e proprio per questo del tutto ingiustificabili».
Il 16 settembre 1998 Roberto Maroni fu così condannato in primo grado a 8 mesi.
La Camera dei Deputati ha deliberato, il 16 marzo 1999, l'insindacabilità, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, dei comportamenti tenuti dai parlamentari in occasione dell'opposizione alla perquisizione. Ma «la Corte d'appello ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, e la Corte costituzionale (sentenza n. 137 del 2001) ha dichiarato che non spettava alla Camera deliberare che i fatti per i quali era in corso il procedimento penale concernessero opinioni espresse dai parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni».
La Corte di appello di Milano il 19 dicembre 2001 ha confermato la decisione di primo grado riducendo la pena a 4 mesi e 20 giorni perché nel frattempo il reato di oltraggio era stato abrogato.
La Camera dei Deputati il 4 febbraio 2003 ha allora chiesto alla Corte Costituzionale di «dichiarare che non spetta all’autorità giudiziaria (ed in particolare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona) di disporre e di far eseguire la perquisizione del domicilio del parlamentare Roberto Maroni, con il conseguente annullamento dei decreti di perquisizione locale e di sequestro emessi dalla Procura il 17 e 18 settembre 1996 - nella parte in cui, senza autorizzazione della Camera dei deputati, si è disposta la perquisizione del locale all’interno della sede della Lega Nord di Milano nella disponibilità di Corinto Marchini, ancorché lo stesso fosse nell’effettiva disponibilità dell’on. Roberto Maroni - e di tutte le operazioni di perquisizione svoltesi il 18 settembre 1996 in esecuzione dei decreti stessi».
Il 30 gennaio 2004 la Corte Costituzionale darà ragione alla Camera perché davanti al cartello "Segreteria politica - Ufficio on.le Maroni" «l'autorità giudiziaria avrebbe dovuto sospendere l'esecuzione della perquisizione e chiedere alla Camera la necessaria autorizzazione; in alternativa - ove avesse nutrito dubbi sull'attendibilità del contenuto dei cartelli - avrebbe potuto disporre gli accertamenti del caso, per eventualmente procedere contro chi quei cartelli aveva collocato».
Dieci gioni dopo, il 9 febbraio, la Cassazione ha confermato per Maroni la condanna d'Appello commutandola però in una pena pecuniaria di 5.320 euro.
giovedì 11 giugno 2009
i nostri amici!
martedì 20 marzo 2007
La Strada sbagliata
Negli anni 90, alla Feltrinelli di Bologna, trovavo e leggevo il giornale che emergency pubblicava. Ho sperato di trovarmi di fronte ad un'organizzazione libera, indipendente e onesta. Un organizzazione come amnesty, medici senza frontiere... mi sbagliavo.
Pensavo che andare a riattaccare gambe fosse un lavoro più che dignitoso, che costruire ospedali in zone disastrate dalla guerra in cui le mine sono la coltivazione più diffusa, fosse meritorio. Finalmente ho pensato che, persino fra le ONG italiane, qualcuno fa del pragmatismo la sua religione, l'unico ismo da seguire. Continuavo a sbagliarmi, erano altre le ONG pragmatiche. Pochi anni dopo l'ismo preferito di Strada è stato il pacifismo. Nulla contro i pacifisti, anche se preferisco i pacifici. Poi la faccia di Gino Strada ha iniziato a comparire e pontificare, vizio molto italiano e poco internazionale, da tutte le tribune mediatiche. La politica stende tappeti rossi e attende la prossima candidatura di Strada.
Oggi la Strada di Gino Strada è un'altra. Fa il mediatore (sic), aspettando un qualche incarico più prestigioso.
Il pragmatismo è rimasto negli ospedali dove i medici, non penso sia corretto chiamarli volontari visto che lavorano, continuano a attaccar gambe e curare le popolazioni martoriate dalla guerra.
Oggi emergency è diventata diplomazia non istituzionale, parallela e per questo si accredita come soggetto interlocutore, come mediatore.
Il giornalista di guerra fa il suo lavoro, almeno lui, e non fa missioni di peace keeping, quando si tratta di guerra, o lavoro umanitario, quando fa inteligence (o crede di farla). Mastrogiacomo è per me come uno dei tanti rapiti italiani, stranieri che hanno subito l'umiliazione del ricatto e la privazione della propria libertà. A lui è andata tutto sommato bene. Ad altri no.
Nei rapimenti c'è sempre un fondo di amarezza. La politica ha delegato, carta bianca, la soluzione a Strada che ha dettato le regole, ha escluso lo Stato e ha fatto da solo...
Io non amo i mediatori dei sequestri. Quelli che vengono a dirti che potrebbero sapere dove il tuo parente è sepolto e incatenato, ma la situazione è delicata... che devi fidarti. Lo facevano a noi e sappiamo come si fa. La mediazione, il contatto e parte del sequestro, è parte integrante della pratica. Senza mediazione i rapitori non ottengono nulla e il rapito diventa un'inutile fardello.
Strada ha fatto questo: ha liberato un giornalista, ha pagato e fatto ottenere ai rapitori il proprio tornaconto. Strada, non ha nessuna autorità per farlo. Non è un parente, non è lo Stato. Perchè un'ONG ha tanto potere da intercedere con Karzai, Fassino, Prodi, Dalema, e i talebani? Chi ha dato questo potere a Strada? Non è questo un lavoro da SISMI, da servizi? Che li paghiamo a fare se c'è già emergency?
Che il lavoro sporco lo facciano i servizi mi sta bene, che lo Stato contratti per liberare un cittadino rapito all'estero anche, che paghi, liberi talebani, lo capisco, non lo condivido, ma lo capisco.
Perché lo debba fare emergency no.
Per questo vorrei che ognuno facesse il proprio lavoro.
domenica 21 gennaio 2007
Madrid/New YorK/Bagdad... ancora
Ma il fondamentalismo prescinde dalle iniziative politiche di questo o quel paese, ha lo scopo di instaurarsi la dove lo stato è debole, la dove i diritti lasciano spazio alla paura (ed è per questo che lAfganistan e lIraq erano e sono a rischio). Le basi del fondamentalismo stanno nella mancanza di forza dellIslam democratico, schiacciato da 50 anni di dittature di tutti i tipi, da disparità economiche incomprensibili (sono i paesi più ricchi del mondo e hanno un tasso di alfabetizzazione ridicolo)... E questo di chi è colpa? Se volete diamo la colpa agli americani... tanto lo fanno tutti... ma se volete essere onesti dobbiamo riconoscere che molte delle icone del antiamericanismo sono e sono state dei feroci dittatori che nulla hanno fatto se non arricchirsi e mantenere il proprio popolo sottomesso e sottosviluppato.
Così è stato Saddam, Arafat, Assad, Komeini, Hussein di Giordania... Sapete quali sono i paesi islamici meno a rischio?
Quelli dove la democrazia regge, a fatica ma regge... quelli dove la laicità dello stato è un principio da mantenere. Legitto, piano piano la Siria e la Giordania (sempre che quel tonto di Bush non debba giustificare la sua rielezione), il nuovo Iran degli studenti, il marocco, la tunisia, la Bosnia Erzegovina, la Turchia (anche se fra curdi e armeni proprio democratica non lo è stata)... tutti paesi che vengono accusati di essere filoccidentali, o che hanno tentato di mantenere un equilibrio tra spinte fondamentaliste e crescita del proprio paese.
Se dobbiamo cercare motivazioni "occidentali" alla escalation del terrorismo, dobbiamo cercarle nella nostra incapacità di riconoscere una via "islamica" alla democrazia e di aver sempre cercato interlocutori dittatori ed di aver sempre legittimato dei delinquenti lasciando fare loro quello che nessuno dei nostri democraticissimi stati avrebbe mai accetato (dal 1948 in poi al meno... Spagna, Portogallo e Grecia esclusi naturalmete).
Doctor Schultes
Madrid/New YorK/Bagdad...
Non sono convinto che ci sia differenza sostanziale fra i morti civili di una o dell’altra parte.
Ciò che trovo insopportabile di tutto ciò, del "terrorismo" come della "guerra inteliggente", è l’ipocrisia di chi non comprende, o non vuol comprenderre, il valore politico delle azioni che coinvolgono i civili.
Ritengo, e ho fin dall’inizio ritenuto, la guerra in Iraq necessaria azione politica per eliminare un dittatore (ma questo non significa che sia felice per i morti civili), ma se differenza c’è, è che la guerra convenzionale ritiene i civili morti "danni collaterali", il terrorismo (che altro non è che una tecnica di azione politica) ritiene morti civili lo scopo dell’azione stessa.
Sarà poco ma almeno le azioni militari calcolano che i civili morti non portano a buon fine un’azione militare (o rischiano di non portarla), il terrorismo invece tende a spostare il campo di battaglia in ambito prettamente civile, attaccando la dove il corpo dell’avversario è più debole.
Tornando alla Spagna ciò che mi ha colpito è lo scardinamento delle regole del terrorismo. Mi spiego.
L’ETA, così come l’IRA e in qualche modo tutto il terrorismo europeo giustificava le proprie azioni, avvertiva, rivendicava, se ne appropriava politicamente. Era un metodo di diffondere non solo il terrore, ma di acquisire contemporaneamente credibilità politica (e quindi capacità di rivendicazione e di riconoscimento della base). Ora a Madrid (ed infatti i giornali di oggi lo confermano) l’ETA non c’entra. Questo significa che il terrorismo europeo ha perso le armi e di conseguenza la credibilità politica a scapito del terrorismo fondamentalista.
Perchè, mi chiedo, il terrorismo fondamentalista non ha bisogno di rivendicare, perchè non ha bisogno di riconoscibiltà politica?
Chi vuole colpire?
Ha senso uccidere 200 persone senza urlare "SONO STATO IO"?
Purtroppo si. Perchè il fondamentalismo vive di riconoscibilità intrinseca, vive di manicheismo e non di calcolo politico: è giusto, Dio lo vuole. Non c’è bisogno di dire "lo faccio per la libertà degli Euskadi, o dell’EIRE o della Corsica o del Sud Tirol... o lo faccio per la affermazione della proletariato o per quella nazional socialismo..." basta farlo per volontà di dio.
Ciò che importa è che dio lo sappia, e che 200 morti (o 3000) sono necessari nel disegno divino.
Ora senza addentrarsi in questioni teologiche, la politica di chi coordina tali azioni è chiaramente destabilizante e conta sul fatto che i fanatici non discutono (cosa che invece fanno i terroristi politici) ed eseguono ovunque, comunque e senza calcoli di convenienza. Questo crea martiri, santi ed eroi, figure mitiche, su cui non si discute, e che fanno salire al potere dittatori.
Doctor Schultes