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martedì 30 ottobre 2012

La matematica ai tempi di Grillo

Non sono mai stato un grande matematico... eppure anni di sociologia applicata mi hanno fatto apprezzare le capacità profetiche di vedere i numeri in sequenza, affiancati, giustapposti. Visto che per me la statistica, come la matematica, sono arti creative vi propongo questa interpretazione del voto siciliano.

Nel 2008 il PDL nel voto di lista aveva preso il 33,5%. Niente male! Il Movimento 5 stelle, ancora embrionale, si era presentato come "Amici di Beppe Grillo - Con Sonia Alfano" ed aveva raccolto un meritatissimo 1,7%. Esattamente quanto, in un paese civile, il partito di un barzellettiere dovrebbe prendere. Ovviamente lo stesso discorso varrebbe per il PDL.
Nel 2012, ieri, il PDl raccoglie un onesto 12,9%... e guarda un po' il M5S (veramente vorrei capire se Berlusconi e Grillo hanno lo stesso copywriter!) prende il 14,9. Una differenza per il PDL di -20.9% e di 13.2% in più per Casaleggio e affiliati. Ora se la matematica non mi inganna 20,6- 1.7= 18,9. Vi viene in mente qualcosa? No? Sembrerebbe, ma sono andreottiano, che proprio tutti (o quasi) i voti persi dal PDL siano magicamente confluiti nella lista M5S andandosi a sommare all'1,7 di duri e puri grillini della prima ora.
Un po' come nelle elezioni del '24. Non vi piace il paragone? Un po' come la Democrazia Cristiana e la Lega in Veneto nel '92/94. Neanche questo? Un po' come il partito socialista il Forza Italia nel 1994.
Certo potrebbero essere che tutti i pidiellini abbiano preferito stare a casa ma è certo che quelli che hanno votato la volta scorsa (nel 2008) siano rimasti un po' a casa. Eppure i voti della sinistra sembrano essersi spostati a sinistra, un po' qua e la, ma sempre nella stessa area: IDV (ammesso che sia di sinistra), Sel, Verdi, visto che i valori percentuali non crollano per i piccoli sinistri. E' ragionevole pensare che l'astensione si sia spalmata su tutti destri e sinistri, e per questo che è meglio ragionare in termini percentuali.
Ma la cosa più affascinante è sul voto al Presidente. Escluso che i PDL duri e puri (o meglio quelli più filoberlusconiani) abbiano potuto votare per un frocio comunista, c'è da chiedersi cosa, quelli che non sono andati a fare un picnic, possano aver votato. Che cosa?
Anche qui la matematica è creativa. Mi dice che nel 2008 il buon Lombardo prese un galattico 65.4%. Oggi, anche sommando al PDL, l'UDC e l'MPA, che hanno strategicamente smesso di frequentare brutte compagnie, si arriva ad un dignitoso 51,9%. Ipotetico, ma è giusto per giocare a risico elettorale. La differenza (fra 2008 e 2012 con le stesse aggregazioni) è un bel 13,5% pericolosamente vicina al 15.8% di voti nuovi del M5S.

E per fortuna che non so fare i conti...

mercoledì 24 ottobre 2012

Mara mao perché sei grillo?

É  mai possibile che le cose più ragionevoli le dicano sempre i fascisti? Quelli veri...

Si scrive Grillo ma si legge Mao Zedong di Filippo Rossi

«Ogni tanto bisogna guardare il grande cielo azzurro e tirare il fiato» dice Beppe Grillo festeggiando la prossima chiusura di settanta giornali italiani. Un motto, con quel “grande cielo azzurro”, che pare uscito dalla bocca del timoniere Mao, più che da un comico genovese divenuto capopolo. E poi uno pensa alle dimissioni in bianco fatte firmare a tutti i candidati del movimento cinque stelle alle regionali siciliane, oppure alla retorica dell’assalto al Palazzo condotto senza tanti complimenti, perché la rivoluzione che non è un pranzo di gala, ai giovani arruolati per diffondere la ribellione nel paese, alle strutture partitiche sostituite dal carisma del leader (che non ha bisogno di candidarsi a nulla, né di essere eletto, per esserlo) e ai programmi politici sostituiti dalle visioni futuristiche del guru Casaleggio, o ancora alle epurazioni, ai proclami sulla democrazia diretta, ai toni da guerra civile. Uno pensa a tutto questo e si rende conto che, sì, c’è qualcosa di maoista in Beppe Grillo. Così come c’è – anche al netto del colorito, del volto imbolsito e dei capelli laccati – in Silvio Berlusconi, pronto a sfasciare il Pdl e a “rieducare” qualche vecchio dirigente per plasmare una nuova generazione al servizio della causa. E non è certo un bene, questa china rivoluzionaria che rischia di farsi sempre più scivolosa, man mano che si avvicinano le elezioni. Non è un bene, per un paese come questo. Che sembra incapace di affrontare le sfide della storia se non ricorrendo a qualche “atto di forza” dal sapore rivoluzionario. Proprio quando l’unica forza utile sarebbe quella di una politica normale, un po’ più noiosa e un po’ meno maoista.

domenica 14 ottobre 2012

Facebook è come la TV

Nessuno mi crederà mai ma nel 2006 dissi che Second Life sarebbe stato un flop: troppo noioso, troppo videogame. Oggi sfido chiunque a ricordarselo, farà la fine dei Duran Duran...
Dissi che le comunità di lavoro erano il futuro: non solo i forum, le chat ma i luoghi di condivisione aperta come social network (FB) o chiusi come Moodle (o oggi Likedin). 
I miei amici smanettoni mi guardarono con un misto di commiserazione e curiosità... comunque io sono iscritto Facebook del 2006, prima dalla maggioranza dei miei "amici di FB"... ed oggi ne sono fondamentalmente annoiato. 
La prossima previsione? 
Abbandonare i social network e tornare a far politica, comunità per strada. Dimenticare il virtuale a favore del reale. 
In questo Twitter è più interessante di Facebook. Ci sono tre cose che Facebook non ha: 
  • la sintesi 
  • la notizia 
  • l'idea 
Per contrasto Facebook ha tre cose:
  • la discussione
  • l'evento 
  • la partecipazione o meglio la partigianeria 
Insomma è come la radio vs la televisione, la politica vs la propaganda. Così Twitter è la moderna radio, è un moderno modo di fare azione politica.
Le prime stimolano i pensieri, informano e ascoltano. Come la buona radio, e la buona politica.
La televisione e la propaganda discutono senza ascoltare. Hanno bisogno del palco, hanno bisogno di scenografia, sollecitano la vista, inducono alla magnificenza, alla mostruosità, il tutto per essere guardati, osservati, seguiti e non solo visti.  
Facebook è la televisione dei cazzi vostri a dimensione personale. Trovi di tutto, in un guazzabuglio informale, in un palinsesto costituito da servizi più che da programmi, fatto da format universali: poke, ilike,share, tag, fan. Così come il palinsesto televisivo è fatto dalla pubblicità, quello di FB è fatto dai messaggi non richiesti.

Il sogno, l'incubo dei teledipendenti: farsi il proprio programma con format fighissimo.
Basta condividere le informazioni, le proprie inutili banalità quotidiane che, proprio come fa la peggiore televisione, diventano spettacolo, esposizione.
Il gioco sta nell'allargare il proprio pubblico, ovvero più contatti, più amici. Una sorta di Auditel di se stessi. Infatti ogni giorno sono le peggiori trasmissioni televisive ci chiedono di usare FB come teste di fruizione, come ipocrisia democratica. E ora lo fanno anche i peggiori politici e a volte anche i migliori.
Facebook è basato sull'apprezzamento, sulle manine con pollice (in)verso, sul numero di amici. In modo meno sofisticato lo sono ormai tutti i canali commerciali del web 2.0. Non conta più la qualità oggettiva (o almeno un barlume d'essa) ma l'opinione meteropatica del cliente/amico. È un approccio molto pericoloso, spinge i fruitori ad esporsi, a rafforzare la propria immagine per essere apprezzato (ovvero per aver un prezzo riconosciuto, come una qualsiasi merce).
Così le passioni diventano ossessioni e tutti diventano esperti, i massimi conoscitori: la musica non è più ascolto ma decine di inutili video. Il cibo lo stesso: foto di piatti per dimostrare la nostra capacità alimentare, di ingurgitare quanto di preparare. Infine sentimenti sono esposti al pubblico, senza censure, senza pudore: foto, video per dimostrare che il grande amore è finito, che non è ancora arrivato, che mai arriverà. 
La condivisione diventa, esattamente come per la TV, esposizione, esagerazione.
Le foto che mettiamo (postiamo scusate) ci rappresentano o sono la rappresentazione della parte migliore/peggiore ad uso pubblico. Mettiamo foto belle o mettiamo foto che possano piacere? 
Il desiderio di pubblicità è certo commisurata all'uomo, tutti, io per primo. 
Chi non ha avuto un'adolescenza, una giovinezza di narcisismo timido, non ha vissuto. 
Facebook sembra invece fatto apposta per chi ha rimpianti o per chi non riesce a legittimarsi nella vita reale.
C'è chi usa le potenzialità del mezzo,  chi senza  Facebook sarebbe comunque un leader carismatico. I leader naturali hanno vita facile: possono scoprire l'effetto che fanno. Ci sono casi rari, rarissimi che si espongono con naturalezza unica, e sono certo che sono curiosi dell'effetto che questo provoca. Sono arditi ma allo stesso tempo consapevoli, cosa che non si può dire del maggior parte dei frequentatori. 
La consapevolezza è chiave di tutto. Come sempre dall'altra parte. La media dei fanatici dei social network hanno solo una parte della consapevolezza: quelle esterna. 
Sanno che li vedranno tanti amici, quanti quanti ne può contenere l'intero mondo, il loro piccolo mondo. In realtà non sanno, mancano di consapevolezza, nulla del proprio mondo, della propria vita messa alla berlina.
Chi consapevole di questo espone solo ciò che può non distruggerlo, ciò che lo contraddistingue dalla massa di amici. Insomma Facebook è come la tv: se ne diventi oggetto, parte dello spettacolo, sei inconsapevole eterodiretto. Se, cosa assai rara, ne diventi agente, attore mortificante, in grado di coglierne i difetti e sfruttarne i pregi, allora modifichi il corso degli eventi. Così Facebook: se  sei solo uno dei tanti amici che compone il palinsesto è pericoloso ed inutile. Se ne cambi il senso, lo strutturi a tua immagine e somiglianza, forse è utile. Forse
 

sabato 13 ottobre 2012

I video non servono, anzi

ho visto e rivisto il video del bambino di Cittadella. Ho letto opinioni, interviste, sentenze.
Ogni volta c'è qualcosa che mi turba, mi infastidisce, mi suona strano, preconfezionato, costruito.
Ho visto il video... e già questo mi infastidisce. Perchè la zia, i nonni, amici sostavano davanti alla scuola? Perchè?
Perchè la zia ha un telefonino con la telecamera accesa e riprende tutto? Perchè urla come un'ossessa? Perchè incita il nipote a ribbellarsi? Perchè questi parenti strattonano la polizia, insultano i funzionari, minacciano?
Cosa minacciano? Galera e televisione.
Cos'ha a che fare tutto questo con un accompagnamento di minore su ordine del giudice, alla presenza di assistenti sociali e funzionari di polizia?
Certo è facile accusare la mala giustizia, la polizia, i servizi, il padre di non aver considerato il minore... Ma è successo veramente così o come a me sembra la vera "sorpresa" se la sono trovata i poliziotti?

A me non interessa sapere se ha ragione la madre, il padre, ne mi interessa sapere se il minore sia stato o meno ascoltato.
So che in questi casi nulla è semplice, nulla è come si vede. Ho visto, e partecipato, a visite protette. Ho vissuto sulla mia pelle professionale un allontanamento coatto di tre bimbi dal padre. Ho fatto il mio dovere, ho evitato che il padre potesse avere contatto con i bimbi, così come mi era stato chiesto. Non sapevo se ciò fosse giusto o sbagliato se fosse buono o cattivo, sapevo che di questo si sarebbero occupati altri, familiari, psicologi, assistenti sociali, tribunali. Io non potevo che fidarmi.
Eppure nella disperazione era tutto ovattato, tutto si faceva cercando di evitare il clamore, la contestazione, la pubblicità di un caso che tutto doveva essere tranne che pubblico.
Mi chiedo se fosse successo a me educatore trovarmi la sorella del padre urlante con telecamera in mano a cercar di portarmi via il ragazzo che mi avevano affidato. Cosa avrei fatto? Quattro chiacchiere al bar?

C'è qualcosa di malsano, di orrendo nella pubblicità che ogni giorno viene dato al privato, tutto è pubblico e sono gli stessi che dovrebbero pretendere il rispetto di un minore, e lo urlano scompostamente, che per primi violano la sua integrità psichica.
Non capisco perchè debba bastare un'immagine mosaico del viso del ragazzo per tutelarlo, pensiamo veramente che la presenza della telecamera dei parenti urlanti, della violenza contro i funzionari abbia tranquillizzato il ragazzo, l'abbia messo nelle condizioni di comprendere la situazione e di reagire diversamente? Veramente pensiamo che se non ci fosse stata la telecamera e le urla il tutto si sarebbe svolto allo stesso modo?
Guardate le prime sequenze quei frammenti in cui la zia corre, come in un film dogma (e con la stessa pesantezza intellettuale),urlando. Il ragazzo si intravede in piedi, inizia a divincolarsi a dire frasi fatte, frasi adulte, appena si accorge dell'arrivo della parente.
Mi chiedo se la parente non fosse accorsa? Se invece, civilmente, i parenti materni si fossero recati in questura, al tribunale dei minori, ai servizi sociali, alla comunità... forse oggi avremmo un bimbo triste ma con una speranza di potersi ricostruire una vita con due famiglie. Grazie a quel video ci saranno solo vinti e nessun vincitore.

giovedì 11 ottobre 2012

un tratto(pen) di strada


La mia penna preferita è oggi, da un po' di quaderni a questa parte, il trattopen. Vi ricordate quel siluro nero dall'aria un po' anni 80. La ghiera dentata del cappuccio, i tre bucchetti a fiore in cima. Impugnatura liscia semplice. Incastro del cappuccio tenace. Solo una piccola scritta bianca con un simbolo della fila, tratto scritto minuscolo corsivo e PEN maiuscolo tutto il corpo uguale: trattoPEN.

La penna è la sua punta, il suo inchiostro che mai tradisce, mai salta, mai e poi mai sbava. Mi hanno spiegato che si tratta di una punta di feltro, o almeno così è chiamata. Non so che inventato il sistema ma è ottimo. Mi hanno detto che esistono refil con lo stesso sistema. Dovrò aggiornare le altre mie penne. Un po' mi dispiacerà abbandonare il tratto, ammesso che lo faccia.
Una delle migliori caratteristiche del trattopen è che fa rumore. Non scivola, cammina sul foglio. La velocità, la liquidità delle altre pen, gel, roller è fastidiosa. Lascia dietro di sé una odiosa scia di incompiutezza, di banalità. Il leggero grattare, incontrare le asperità del foglio, superarle scavando il percorso, costruendo una strada fra le fibre... è una penna operaia, costruisce e non copre e basta.
Il foglio scritto non è solo un tavolo a cui attaccare le lettere, per quanto dissi indissolubilmente, come un centone di lemmi appiccicati a formare pensieri altrui; il foglio diviene un campo da coltivare, arare e seminare di lettere che solo alla fine diventeranno prodotto, frutto, ed è allora che saremmo creatori divini costruttori di logos.
Un pensiero che cresce, che nasce, prima di essere tramandato dalla mente al medium, dall'essere al divenire. La parola diviene così alimento per altre menti che a loro volta semineranno altrove propagandandosi all'infinito.
In questo tempo si perde il senso uditivo del processo della scrittura ormai relegata a mera digitazione e visualizzazione. Il primato del binomio vista/tatto si disequilibria a favore della vista, abbellendo la scrittura di caratteri forme e colori pleonastici, modificando infinite volte se stessa, senza lasciar traccia di se, in silenzio...


mercoledì 10 ottobre 2012

Intergenerazionalità


Non approvo la "solidarietà generazionale" che, secondo me, favorisce il disprezzo tra genitori e figli. Un padre che ha un figlio per amico non solo è controsenso, ma può essere pericoloso. Padre e figli, per natura, sono nemici, e mantenere questa condizione conviene ad entrambi.

John Steinbeck, Conversazione a Sag Harbor

I veri danni di Berlusconi

Il vero danno di Berlusconi? Aver provocato la distruzione della politica, trasformando il Parlamento, in un mercimonio di cariche e prebende, la politica in macchietta e il potere mafia. Questo mi ha portato a riconoscere come utile e direi indispensabile un governo di tecnici.
A me piace la politica non l'antipolitica. I governi tecnici sono una via di mezzo: non antipolitica ma neanche politica, sono impolitici. 
Come i bambini nel limbo non sanno di peccare, peccano per  principio e non possiamo né punirli né benedirli, e tanto meno sperare di battezzarli. Il governo tecnico è questo: limbo per la politica. Io preferisco l'inferno, o in alternativa il paradiso, visto che il purgatorio è l'unico che ho visto...

La politica dovrebbe fare l'interesse di tutti, o meglio di ognuno dei membri della polis, della comunità. Lo Stato, ovvero i suoi apparati, detiene il potere a nome di tutti i suoi componenti, di tutti cittadini. Lo può fare democraticamente o dittatorialmente. In entrambi i casi la detenzione del potere è sempre rappresentativa dell'universalità.
Lo Stato è un'entità mutevole, condizionata dalla sua stessa composizione umana. La politica è come uno stormo di uccelli: se si muove insieme costruisce figure, se ognuno si muove per conto suo non costruisce niente.
Berlusconi ha distrutto la politica, ha trasformato la politica in mafia, e non come tutti credono, la mafia in politica. La mafia è un'organizzazione criminale che ha i propri interessi,  questa la è sua natura. Non può fare interessi di chi non è affiliato.
Berlusconi ha ridicolizzato il principio dell’alternanza, per cui chi governa decide e applica un programma per il bene di tutti cittadini. Ha spacciato la politica dell'imposizione di parte come efficienza e novità: Governo io e applico il programma per il bene dei miei elettori. Gli altri, i non affiliati, sono: delinquenti, coglioni, comunisti eccetera. Questa è la traduzione della politica in mafia: si fa solo il bene di parte. Chi non si affilia è un nemico.
È peggio della dittatura. La dittatura non ammette diversità, non ammette, paradossalmente diseguaglianze. Si è tutti uguali di fronte al potere, si è parte del potere, essenziale ingranaggio del tutto, del totale appunto. La differenza fra uno Stato e un antistato (come la mafia) è tutta qui: la mafia non aspira a diventare Stato, ma aspira a controllarne il potere senza inutili orpelli etici o peggio democratici.
La mafia detiene il potere ma rappresenta solo se stessa. È sempre escludente, minoritaria ed esclusiva. Il governo Berlusconi è stato così: profondamente mafioso, ovvero un governo che ha privilegiato solo i propri interessi, non curandosi degli altri ma scaricando su chi non è affiliato le responsabilità. 
Così gli italiani si sono divisi in due: gli italiani, ovvero gli affiliati, e tutti gli altri: coglioni, comunisti, deficienti, terroristi, teppisti, violenti, incapaci. Non erano solo nemici semplicemente non erano italiani. Come disse il mai compianto Brunetta: erano l'Italia peggiore, dunque per esclusione tutta l'Italia tolti gli affiliati a Berlusconi. 
Come per la mafia chi non è affiliato, si è pentito o ha cambiato idea diventa semplicemente un infame, un traditore. Ancora oggi la colpa è di chi ha tradito e chi ha abbandonato la cosca, non del padrino che non ha mantenuto le promesse. 

-scritto nel novembre 2011- 

sabato 6 ottobre 2012

PD: primarie giovanilistiche (1/11/11)

Vecchie considerazioni (1/11/11) purtroppo attuali: Renzi, Fini e Vendola...
 
e noi a parlare di dialogo fra generazioni. Che sia stato proprio il presunto dialogo a far saltare il patto fra generazionale che vedeva i vecchi ciclicamente sconfitti dai giovani? O meglio: non è che questa presunta diatriba fra giovani e vecchi nasconda una più infida eliminazione della classe di mezzo: gli adulti?

È di questi giorni (1/11/11) una ridicola querelle sui giovani e i vecchi del PD.
La cosa più triste e ridicola è che i giovani sono dei "marmocchi" di 35/40 anni! e che i vecchi sono dei signori di 55/65 anni.
Questa semplice constatazione dell'età farebbe ridurre, in un paese normale, la questione a oscenità intellettuale.
La verità è che sotto i venticinque anni, in Italia, neanche si esiste, che gli adulti di 25/35 anni sono ancora "troppo giovani" per ambire al potere vero, e che i 35/45enni sono giovani al potere solo per concessione degli over 60 e poco meno. Insomma gli adulti devono solo fare i giovani, occupare posizioni in quota protetta (come le donne, gli omosessuali, gli immigrati, i disabili), per concessione dei vecchi.
In questo destra, sinistra (e centro) sono identici.
Trovo ridicolo che per esprimere le proprie adulte idee gli adulti (dei partiti) debbano continuamente ringiovanire per accondiscendere altri uomini (ex)adulti come loro che meriterebbero solo la pensione.
D'altronde possono dei giovani avere idee non innovative?
Questi giovani ben invecchiati (quarantenni) spacciano come idee innovative delle normali riflessioni di politici scafati, usano tecniche e approcci furbetti, giovanili più che giovani.
Nessuno di questi ricorda quand'era giovane. A volte penso che molti di loro non siano mai stati giovani.

Ad esempio quel Renzi, il rottamatore, è un vecchio democristiano di 40 anni scarsi.
Porta avanti idee, alcune condivisibili come l'abolizione del valore legale del titolo di studio, non certo nuove e innovative, anzi.
La realtà è che la politica innovativa in Italia non la fa nessuno ne giovani ne adulti ne vecchi.
Non la fa certo quel 60 enne di Grillo, uscito dall'Uomo qualunque in salsa noglobal, ne Di Pietro, 60 enne, ne Bersani, e tanto meno Berlusconi o i suoi schiavi 40enni come Alfano.
I più creativi, o meglio i più politici, sono Fini e Vendola.
Due teste pensanti accomunati dalla ricostruzione di un'identità di sinistra e di destra diversa dal conservatorismo del PD(L).
E non sono giovani ma, al contrario dei giovani alla Renzi, sono adulti che fanno gli adulti, senza ammiccare ai giovani ma coerentemente esercitando una leadership che si sono meritati sul campo.
Che sia questo la vera soluzione?
Leadership chiare, oneste...senza età.