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domenica 22 aprile 2012

CV stupido

Scrivere un curriculum è un'arte. Anzi: scrivere un curriculum vitae è un lavoro. Spesso è l'unico lavoro che la pratica stessa può procurare.
Il mio curriculum è infinito, un agglomerato di informazioni stratificate, storicizzate, sofferte a volte. Non è un buon curriculum. Non lo è per la incapacità di sintesi totale e allo stesso tempo per la eccessiva sintesi particolare. Come si fa a spiegare che per anni ho studiato senza scopo quello che mi piaceva, che per anni ho lavorato pensando che fosse contorno necessario allo studio e che alla fine ho studiato quello per cui lavoravo senza però avere intenzione di farlo?
Il mio CV è scorretto nella forma: non capisco perchè debba essere cronologico quando le cose migliori stanno nel passato, non capisco perchè debba parlare di eventi lavorativi e non parlare di storia professionale. Perchè nel mio CV si deve intravedere il filo, per me chiarissimo, che mi ha portato ad essere quello che sono e non possa essere esplicito, scritto a chiare lettere: questo sono io.
Dei miei colleghi mi hanno insegnato, ed io da bravo docente ho insegnato ad altri, che in trenta secondi ti bruci una vita. Mi hanno detto che se devi competere è bene che non faccia cazzate, non scriva cazzate. Ed io ci credo, eccome se ci credo, ma sono disubbidiente o meglio civilmente disubbidiente. Tradotto: so di sbagliare ma mi piace così.
Ho letto Wisława Szymborska e mi sono sentito meno stupido, o forse ho condiviso la mia stupidità...

Scrivere il curriculum

Cos’è necessario?
E necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.

A prescindere da quanto si è vissuto
il curriculum dovrebbe essere breve.

È d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e ricordi incerti in date fisse.

Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.

Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.

Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.

Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto.
È la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.

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