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venerdì 6 settembre 2013

Radical Chic - recensione

Tom Wolfe
Radical chic
Il fascino irresistibile dei rivoluzionari da salotto
Castelvecchi 2005

Più riguardo a Radical chic

Ci sono delle giornate in cui ti senti depresso, in cui vorresti che il peso della quotidianità fosse sommerso dalla leggerezza, in cui la crisi, la politica fossero annullati da un ironico sorriso.
Se siete in quelle giornate potete leggervi i due racconti di Tom Wolfe racchiusi sotto il titolo Radical Chic. Siamo negli anni sessanta, in una strepitosa New York, nel pieno del fermento giovanile, in quello che banalmente chiamiamo '68. Le Black Panther compaiono nel panorama americano dopo anni di lotte sui diritti civili, dopo Martin  Luther King, dopo Malcom  X, dopo Kennedy e prima di Reagan.
Essere   liberal   era   uno   status   simbol,   appoggiare   cause   sociali,   gruppi rivoluzionari era, ed è, un ottimo modo per lavarsi la coscienza. É così che nascono   i   radical   chic.   In   un   vortice   paradossale   di   discorsi   rivoluzionari, tartine al caviale e champagne, domestici bianchi e ospiti negri tutta l'ipocrisia del bel mondo occidentale si palesa in un crescendo di incomprensioni e nuovi party dedicati a nuove cause da sostenere.
Se poi la giornata è ancora lunga ed il libro è breve e avete ancora un po' di depressione dal mondo circostante, leggete il secondo racconto.
I   Mau   Mau,   ultimi   guerriglieri   di   un   colonialismo   morente,   diventano paradigmatici del metodo nonviolento. Siamo in California, punta avanzata del '68   americano,   piano   degli   interventi   statali   per   combattere   la   povertà, l'esclusione sociale, la perdita di lavoro e la ghettizzazione. Siamo un po' come oggi ma con più speranza.
Qui i veri protagonisti sono i funzionari statali, i parapalle, che devono erogare posti di lavoro, creare leader di comunità nera, essere i mediatori fra comunità dei ghetti e Stato.
Anche   in   questo   caso   l'apparenza   inganna   e   i  disperati  sono   degli   abili manipolatori   dei   pregiudizi   che   subiscono.   Si   presentano   cattivi   e   violenti, senza mai alzare un dito ovviamente, bastano sguardi, atteggiamenti, vestiti e colore della pelle. La paura del parapalle bianco è assicurata, così come il posto estivo a spese del governo. Il libro finisce con un magistrale colpo di teatro: una masnada di bambini urlanti e un leader vestito da magnaccia...
Buona lettura.

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