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domenica 21 gennaio 2007

eutanasia

Per me parlare d’eutanasia non è facile. Ho sempre una terribile paura di cadere nel banale. Eppure l’eutanasia è un argomento che mi ha sempre toccato profondamente.
Fa parte di quella sfera individuale che fatico a vedere normalizzata, resa legge o norma. Si tratta del nostro corpo, della nostra vita biologica, ovvero della l’unica vita di cui abbiamo certezza oltre la fede. Per questo non credo che l’eutanasia si possa e si debba ridurre ad un problema giuridico. Morire è per alcuni rinascere a nuova, miglior vita, per altri è semplicemente una trasformazione organica di elementi chimici, per altri è un imperscrutabile mistero, per altri ancora il termine della propria coscienza e tanto basta per dire che è il termine della propria vita, ed io sono fra questi, il resto se c’è non mi riguarda più.
Ora se morire è un dovere, morire come meglio si crede è un diritto. Altrimenti che senso avrebbe la medicina o la stessa fede religiosa? Ma se l’uomo perde la propria dignità, la propria coscienza e si trasforma in essere privo di vita (intendendo con vita non il mero forzoso battito del cuore, ma il pensiero, il sentimento) allora che diritto abbiamo noi società di impedirgli di morire. Se il dolore è talmente insopportabile da rendere la vita senza speranza che diritto abbiamo di costringere un uomo al dolore fine a se stesso? Non tutti crediamo che la sofferenza in terra sia il fio da pagare per la beatitudine eterna, chi ci crede soffra pure, ma chi come me crede che l’eterno sia un inutile esercizio di astrazione di fronte alla brevità della nostra vita, deve poter decidere della propria esistenza come e quando meglio crede.
Chi sceglie l’eutanasia è perche ha vissuto una vita piena e non come spesso si crede perchè dalla vita non ha avuto nulla. Vuole morire così come ha vissuto con dignità, coraggio e responsabilità. Purtroppo spesso la nostra storia finisce con atroci e dolorose malattie che ci trasformano a volte in esseri totalmente lontani da ciò che eravamo, ed il dolore più grande è la consapevolezza che in quell’occasione saremo soli e incapaci di ucciderci, saremo in balia di leggi che ci tengono attaccati a respiratori, a preti che ci promettono vita eterna, a medici codardi che pur senza speranza ci innaffiano come fiori recisi, vivi per qualche inutile giorno e poi lentamente appassiti, maleodoranti, senza possibilità di tornare a vivere.
Che eutanasia sia, che civiltà sia.

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